Se la domanda è se abbiamo lasciato l’atmosfera terrestre, la NASA risponde: no, nemmeno quando siamo andati sulla Luna

La risposta dipende dal punto di vista, anche se la NASA ha fornito alcuni indizi sul motivo. Di tanto in tanto, la NASA ci ricorda con qualche aneddoto o studio che le cose non sono mai come sembrano o, in mancanza di ciò, che possono sempre essere discutibili o avere più di una risposta. Recentemente ci hanno fornito una spiegazione così semplice sulla nostra incapacità di trovare segnali extraterrestri da far paura. Hanno anche chiarito perché non siamo tornati sulla Luna prima d’ora. L’ultima novità: ricordare che, tecnicamente, nessun essere umano ha mai lasciato l’atmosfera terrestre. E sì, nemmeno quando siamo andati sulla Luna.

Una provocazione tecnicamente vera

Dire che nessun astronauta nella storia è mai uscito dall’atmosfera terrestre può sembrare uno scherzo o poco meno che una teoria cospirativa, ma, da un punto di vista scientifico e seguendo quanto dicono i modelli atmosferici, è più che un’affermazione corretta.

Per contestualizzare e seguire questa linea di ragionamento, anche figure iconiche come Yuri Gagarin o Neil Armstrong, o viaggiatori spaziali contemporanei come William Shatner, sono rimasti, in termini fisici, entro i limiti più estremi (anche se vaghi) dell’atmosfera terrestre. La chiave sta nel modo in cui si definisce la fine di quell’atmosfera: una questione più complessa e ampia di quanto si creda comunemente.

L’atmosfera non finisce dove immaginiamo. Tutto questo è stato recentemente spiegato da Doug Rowland, esperto di eliofisica della NASA. Contrariamente all’idea popolare secondo cui l’atmosfera termina in uno strato finito che si dissipa prima di raggiungere l’orbita terrestre, la realtà è che l’atmosfera non ha un “tetto” chiaramente definito. Al contrario, diventa progressivamente più tenue, ma continua ad espandersi.

Come raccontava Rowland, anche a centinaia di chilometri dalla superficie, dove orbita la Stazione Spaziale Internazionale (ISS), esiste ancora una densità d’aria sufficiente a frenare gradualmente la stazione. Infatti, se non fosse periodicamente spinta da razzi, l’ISS finirebbe per cadere a causa della resistenza atmosferica.

Il confine artificiale: Kármán. Per ragioni pratiche (come trattati spaziali o definizioni legali) è stata adottata una convenzione internazionale: la linea di Kármán, situata a 100 chilometri sul livello del mare, che segna il punto in cui teoricamente inizia lo spazio.

Questa linea funge da soglia tecnica, dato che il 99,99997% della massa atmosferica terrestre si trova al di sotto di essa. Detto questo, e come spiega la stessa agenzia spaziale, questa definizione è utile per le normative e le classificazioni, ma non tanto per descrivere con precisione fisica i limiti reali dell’atmosfera.

La geocorona: l’atmosfera che raggiunge la Luna

Nel 2019, uno studio basato sui dati dell’osservatorio solare SOHO (NASA/ESA) ha rivelato che l’esosfera terrestre (in particolare, una nube diffusa di atomi di idrogeno nota come geocorona) si estende fino a circa 629.000 chilometri, ovvero oltre l’orbita lunare.

Cosa succede? A quel limite ci sono ancora circa 0,2 atomi di idrogeno per centimetro cubo. Ciò significa che, tecnicamente, nemmeno le missioni Apollo che sono atterrate sulla Luna negli anni ’60 e ’70 hanno lasciato l’atmosfera terrestre. “La Luna vola attraverso l’atmosfera terrestre”, ha affermato Igor Baliukin, autore principale dello studio, riferendosi alla portata insospettabile di questo strato invisibile.

Anche il Sole ci contiene. La questione si complica ulteriormente se si considera che sia la Terra che la Luna si trovano all’interno dell’atmosfera solare. Questa si estende fino al bordo dell’eliosfera, il limite oltre il quale inizia lo spazio interstellare. A questo punto è necessario ricordare che tra l’atmosfera terrestre e quella solare non c’è il vuoto, ma una struttura di strati progressivi e sovrapposti che contengono particelle, energia e dinamiche elettromagnetiche.

Pertanto, vista in questo modo, il concetto di “essere nello spazio” è meno una questione di confine netto e più una questione di gradiente progressivo.

Allora, dove inizia lo spazio? Come spiegava Rowland, la risposta dipende dal punto di vista. Se ci si chiede dove finisce l’atmosfera in senso pratico, probabilmente a circa 400 chilometri, dove la densità dell’aria smette di avere un effetto significativo sugli oggetti.

Ma da un punto di vista scientifico più rigoroso, l’atmosfera non scompare: si dissipa e si diluisce fino a livelli appena misurabili, senza scomparire del tutto. Pertanto, lo “spazio esterno” non è un luogo vuoto, ma un ambiente continuo pieno di particelle, campi e strutture sottili. In questo senso, tutti i viaggi spaziali effettuati dall’uomo si sono svolti all’interno di quell’involucro esteso che fa ancora parte del pianeta che li ha lanciati.

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