Il dollaro americano è in calo rispetto ad altre valute, come lo yen o l’euro, che ha raggiunto il suo massimo dal 2021. L’incertezza non fa bene alle borse. E nemmeno al dollaro. Almeno se guardiamo alla sua evoluzione rispetto ad altre valute, come lo yen, il franco svizzero o l’euro. Con la guerra commerciale e gli attacchi di Trump alla Federal Reserve come sfondo, il biglietto verde ha iniziato la settimana attestandosi su livelli minimi rispetto alla moneta europea che non si vedevano da anni.
La grande domanda è: cosa significa?
Un marzo al ribasso. Anche se l’incertezza sembra aver preso piede sui mercati, tutto indica che il dollaro chiuderà marzo indebolito rispetto alle altre valute. L’indice del dollaro statunitense, che misura la sua forza rispetto alle principali valute estere, ha iniziato la penultima settimana del mese in calo dell’1%, toccando i minimi che non si vedevano da oltre tre anni. Nel frattempo, l’euro è stato scambiato sopra 1,15 dollari, il suo valore massimo dal 2021.
Lo specchio delle valute e dell’oro. Il dollaro scende rispetto allo yen e si attesta ai minimi pluriennali rispetto al franco svizzero e all’euro, che ora segna 1,1499 dollari dopo aver raggiunto lunedì 1,1573 per la prima volta dalla fine del 2021. Lo scenario è favorevole anche (almeno in termini di valore) all’oro, uno dei beni rifugio più consolidati: ieri il metallo prezioso ha raggiunto i 3.430 dollari l’oncia. Solo da inizio anno ha registrato un’impennata superiore al 27%.
La situazione dell’euro. In questo contesto, alcuni analisti stanno già sottolineando la pronunciata curva ascendente registrata dall’euro rispetto al biglietto verde dall’inizio del 2025. Dal minimo di 1,024 dollari registrato all’inizio di gennaio, è passato a 1,476. E con un grafico chiaramente al rialzo.
Dopo gli ultimi progressi dell’euro rispetto al dollaro e il suo rafforzamento rispetto alla valuta statunitense, nel 2025 la moneta europea è salita dell’11,3%. Il bilancio è positivo anche per la sterlina (6,8%), la corona svedese (16,5%), il franco svizzero (12,3%) e lo yen (11,7%), che superano l’avanzata della valuta europea.
Le critiche alla FED e a Powell. Nell’analizzare la deriva del dollaro, gli analisti tendono a sottolineare diversi fattori, come la crisi di fiducia nella banconota verde, una perdita di attrattiva in uno scenario caratterizzato dalle politiche protezionistiche di Trump o dai cambiamenti nell’ordine economico globale e dal debito degli Stati Uniti. Dopo l’ultimo calo, segnalano un altro fattore chiave: le critiche della Casa Bianca alla Federal Reserve (FED) e al suo responsabile, Powell, riluttante ad abbassare i tassi di interesse.
Le minacce di Trump incidono sull’immagine dell’organismo, il che può a sua volta influire sul valore del dollaro o sulla fiducia stessa nella stabilità dei mercati statunitensi. “Le rinnovate critiche di Trump al presidente della FED questa settimana sono un promemoria del fatto che la politica commerciale non è l’unico canale attraverso il quale l’approccio non convenzionale dell’amministrazione potrebbe minare il dollaro e i mercati degli asset statunitensi”, avverte su CNN Jonas Goltermann, economista senior di mercato presso la società Capital Economics.
Perché è importante? Per diversi motivi. Innanzitutto perché il dollaro è più della semplice valuta con cui gli americani pagano i propri acquisti. Negli ultimi 80 anni è stato il cardine del sistema finanziario globale, funge da riferimento e la sua posizione rispetto alle altre valute ha influenzato l’economia degli Stati Uniti.
Lo ha fatto allora. E probabilmente lo farà anche adesso. Alcuni analisti sottolineano che Trump sta cercando di indebolire il dollaro per favorire le esportazioni statunitensi (uno dei suoi obiettivi dichiarati è la reindustrializzazione del Paese) e riequilibrare la bilancia commerciale e il deficit, cosa che sarebbe favorita anche dai dazi. La strategia di svalutazione del biglietto verde comporterebbe tuttavia anche dei rischi, come ad esempio difficoltà nel far fronte al debito degli Stati Uniti.