La Cina punta in alto: vuole l’indipendenza tecnologica e la sua alternativa all’HDMI e al Bluetooth ne è la prova migliore

  • La Cina sta puntando a svincolarsi dagli standard occidentali e parte della colpa è delle sanzioni imposte
  • Huawei è uno dei capi visibili di questo movimento ed è presente in SparkLink o in HarmonyOS

In Estremo Oriente il mercato si sta muovendo e va ben oltre i dazi. In Cina non vogliono dipendere dalle tecnologie occidentali e per ottenere l’indipendenza (e forse per dominare il mercato) stanno cercando alternative al WiFi, all’HDMI e al Bluetooth che utilizziamo quotidianamente. La Cina ha sviluppato alternative agli standard e alle pratiche occidentali in diversi campi, cercando di definire le proprie norme, soprattutto nel campo della tecnologia e degli standard internazionali. E le connessioni non sfuggono a questa battaglia. Come già accaduto in altri settori, come quello automobilistico, dove i marchi cinesi, come BYD, stanno guadagnando terreno con sviluppi propri nel campo delle batterie, o in quello dei pagamenti mobili, con alternative consolidate come Alipay e WeChat Pay rispetto a Google Pay o Apple Pay, la Cina sta scuotendo le fondamenta del mercato globale con soluzioni tecnologiche proprie e sempre più competitive.

Cos’è SparkLink

Seguendo la tendenza verso una maggiore indipendenza tecnologica, la Cina ha sviluppato un sistema di connettività wireless a corto raggio che mira a competere con tecnologie ormai comuni nella nostra vita quotidiana come il WiFi e il Bluetooth.

Con il nome di SparkLink, questa tecnologia di ultima generazione sviluppata in Cina si basa su NearLink e, infatti, presenta alcune somiglianze con essa, anche se non sono esattamente la stessa cosa. Mentre NearLink è orientato alle comunicazioni a lungo raggio, anche di diversi chilometri, SparkLink si concentra sulla trasmissione di dati a distanze più ridotte.

Si tratta di una tecnologia wireless a corto raggio supportata da alcune delle aziende più importanti del settore. Promossa da Huawei, conta sul sostegno di oltre 400 aziende integrate nella SparkLink Alliance.

Questa iniziativa nasce come risposta diretta alle restrizioni commerciali imposte dagli Stati Uniti, motivo per cui Huawei, una delle aziende più colpite, è diventata il volto visibile e promotrice di questo ambizioso progetto.

Questo standard di comunicazione wireless a corto raggio mira a superare i limiti delle tecnologie tradizionali come Bluetooth e WiFi. A differenza di soluzioni come NearLink, che utilizzano reti LPWAN, SparkLink si basa su un’architettura di rete a maglia, in cui i dispositivi comunicano direttamente tra loro. Ciò consente di ampliare la copertura e migliorare la stabilità della rete grazie alla ritrasmissione dei dati tra nodi vicini.

La tecnologia è stata progettata specificamente per ambienti che richiedono elevate velocità di trasmissione, bassa latenza e comunicazione costante tra i dispositivi. In alternativa ai sistemi attuali, SparkLink offre velocità fino a 1,2 Gbps, tempi di risposta ultraveloci di soli 20 microsecondi e un consumo energetico molto ridotto.

Le sue principali applicazioni si concentrano in ambienti come case intelligenti e sistemi di gestione degli edifici, dove la capacità di risposta in tempo reale è fondamentale per un funzionamento ottimale ed efficiente.

SparkLink consente di mantenere più connessioni contemporaneamente, distinguendosi per la sua efficienza energetica e affidabilità. Una delle sue applicazioni più visibili è l’uso in telecomandi universali intelligenti, approvati dalla Electronics Video Industry Association of China, che mirano a semplificare il controllo di diversi dispositivi elettronici. Produttori come Konka hanno già lanciato prodotti compatibili e si prevede che entro il 2025 milioni di dispositivi domestici integreranno questa tecnologia, promuovendone l’espansione nel mercato cinese.

SparkLink ha il sostegno del governo cinese e, come abbiamo già visto, la collaborazione di aziende leader, rappresentando un passo significativo verso l’indipendenza tecnologica del Paese e potrebbe influenzare gli standard globali di connettività wireless.

Tuttavia, lungi dall’essere un caso isolato, non è l’unico progresso proveniente dalla Cina che sta scuotendo il panorama delle connessioni a cui siamo abituati in Occidente.

GPMI

Ma non è l’unico esempio di indipendenza della Cina in materia di connettività: dal gigante asiatico arriva il GPMI (General Purpose Media Interface). Si tratta di un nuovo standard di connessione sviluppato dall’alleanza Shenzhen 8K Ultra HD Video Industry Collaboration, che riunisce oltre 50 aziende tecnologiche, tra cui Huawei, Skyworth, Hisense e TCL.

Il GPMI vuole essere un’alternativa per unificare in un unico cavo la trasmissione di video, audio, dati ed energia (simile a quello che fa il One Connect di Samsung), semplificando le connessioni tra i dispositivi ed eliminando la necessità di cavi multipli per diverse funzioni. Uno standard che si presenta in due versioni:

  • GPMI Type-C: compatibile con connettori USB-C, offre una larghezza di banda fino a 96 Gbps e una capacità di alimentazione elettrica di 240 W.
  • GPMI Type-B: con un connettore proprietario, raggiunge i 192 Gbps e fino a 480 W di potenza.

Queste specifiche superano significativamente le capacità degli standard attuali come HDMI 2.1 e DisplayPort 2.1, che offrono velocità di trasferimento inferiori e, nel caso dell’HDMI, non forniscono alimentazione elettrica.

Oltre alle elevate prestazioni, GPMI incorpora funzioni di controllo bidirezionale, consentendo, ad esempio, di gestire un decoder dal telecomando del televisore.

Per ora è ancora agli inizi, ma l’approvazione del GPMI Type-C da parte della USB Association e il sostegno di importanti produttori cinesi suggeriscono un futuro promettente per questo standard nel settore tecnologico.

HarmonyOS, un’alternativa ai grandi

HarmonyOS è la proposta per dimenticare Android e competere con altri sistemi operativi. Di già è presente su oltre 1 miliardo di dispositivi.

Si tratta di un sistema operativo sviluppato da zero, costruito su un proprio microkernel basato su OpenHarmony. Questa nuova piattaforma richiede che le applicazioni siano progettate specificamente per essa, poiché non è compatibile con le app in formato APK. A tal fine, gli sviluppatori devono utilizzare gli strumenti e i servizi forniti da Huawei.

L’azienda ha dimostrato di prendere molto sul serio questo ecosistema, con oltre 15.000 applicazioni adattate e un’esperienza visiva unificata su un’ampia gamma di dispositivi, che include telefoni cellulari, smartwatch e cuffie.

Sebbene la sua diffusione sia per il momento limitata al mercato cinese, mentre in Europa continua a utilizzare EMUI, basato su Android, questo passo fa parte di una chiara strategia di Huawei per ridurre la sua dipendenza dalle tecnologie occidentali, in risposta alle restrizioni commerciali imposte dagli Stati Uniti.

Huawei Cloud

Huawei e il suo mondo particolare. Di fronte ad AWS di Amazon, Google Cloud o Azure di Microsoft, Huawei Cloud è il grande outsider. Il cloud cinese sta crescendo in Asia, Africa e America Latina.

Si tratta di una piattaforma di archiviazione cloud sviluppata da Huawei, progettata per consentire agli utenti di archiviare, sincronizzare e accedere ai propri file personali, come foto, video o contatti, da qualsiasi dispositivo.

Con un Huawei ID. Il servizio include funzioni di backup automatico, strumenti per gestire lo spazio disponibile e opzioni per trasferire facilmente i dati su nuovi dispositivi.

I propri processori

Con il pieno sostegno della Cina, marchi come Huawei hanno sviluppato i chip Ascend e Kunpeng. Si tratta di processori già ottimizzati per compiti specifici di IA e edge computing, la tecnologia che non vuole dipendere da data center remoti per analizzare le informazioni in tempo reale, riducendo la latenza e migliorando l’efficienza operativa.

Ma c’è vita oltre Huawei. Con il sostegno dello Stato, il gigante asiatico sta promuovendo lo sviluppo di un’ampia gamma di processori propri. Altri nomi di spicco sono Loongson, Zhaoxin (il cuore del suo nuovo supercomputer) e i chip basati sull’architettura ARM progettati da Alibaba con il RISC-V come esempio. Modelli che arrivano non solo per competere con Intel o AMD, ma per renderli addirittura superflui.

Progetti che mirano a ridurre la dipendenza dalla tecnologia straniera e a consolidare un’industria tecnologica nazionale più autonoma.

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