Olio d’oliva italiano in crisi: il prezzo è truccato? Indagine choc svela il buco da 2,5 miliardi

Questa doveva essere la campagna che avrebbe risollevato le sorti del settore oleario italiano. Invece, i problemi restano enormi. “Siamo qui perché i dati sono inequivocabili e allarmanti: c’è uno scarto ingiustificato di oltre due euro al chilo tra il prezzo reale all’origine dell’olio d’oliva (3,5 euro al chilo) e il valore che dovrebbe avere (5,55 euro al chilo)”. Sono le parole di Giancarlo Bianchi, segretario generale di Coldiretti, pronunciate martedì scorso davanti all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato durante la presentazione di un’esposto contro quella che appare come una manipolazione del mercato dell’olio d’oliva.

Manipolazione del mercato?

Da mesi i rappresentanti degli olivicoltori italiani denunciano anomalie nei prezzi all’origine. In realtà, il mercato dell’olio d’oliva è piuttosto “semplice” in termini di quotazioni. Con variazioni fisiologiche legate alla congiuntura, il prezzo dell’olio è estremamente prevedibile: dipende quasi esclusivamente dalle scorte disponibili. Ed è proprio qui il problema: il prezzo attuale dell’olio è significativamente più basso di quanto dovrebbe essere.

Un’indagine approfondita
Preoccupati da questa anomalia, il Consorzio Olivicolo Italiano ha commissionato uno studio dettagliato a un gruppo di ricercatori delle Università di Perugia, Bari e del Centro di Ricerca per l’Olivicoltura.

Le loro conclusioni sono state chiare: questo squilibrio non solo esiste, ma è più grave delle stime iniziali.

Siamo di fronte a un reato?

L’alterazione artificiale dei prezzi all’origine dell’olio d’oliva è chiaramente illegale secondo la legge sulla concorrenza. Se dimostrata, costituirebbe un reato grave. Per ora però sono emersi solo indizi che il mercato non funzioni correttamente (si stimano perdite fino a 2,5 miliardi), ma il passo successivo è più complesso.

È necessario l’intervento delle autorità competenti. Sebbene sia espressamente vietato alle aziende di stipulare accordi che limitino o falsino la concorrenza, dimostrarlo non è semplice.

Il sintomo di un malessere cronico
L’incapacità di prendere decisioni strategiche che garantiscano il futuro degli oliveti e la salute di un settore chiave che rappresenta la spina dorsale economica di territori già provati dallo spopolamento e dalla mancanza di opportunità. Come ripetiamo da settimane, nei prossimi mesi l’Italia continuerà a dominare la produzione mondiale di olio d’oliva, ma questo da solo non basterà.

Non è superfluo ricordare che parliamo di un settore che, nonostante una crescita del 12% annuo, vedrà la chiusura di oltre 300 frantoi nel prossimo decennio. E non è superfluo ricordare che parliamo di un settore che, nonostante l’immagine di leadership e solidità, condivide gli stessi problemi del resto dell’agricoltura italiana.

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