Un team di scienziati dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) e dell’Università di Bologna ha analizzato 20 marche di acqua minerale vendute in Italia per verificare la presenza di microplastiche (dimensione tra 0,7 e 20 micrometri) e altri additivi chimici. I risultati hanno rivelato che in ogni litro sono presenti in media 400 nanogrammi di plastica, una quantità simile a quella riscontrata in precedenti studi sull’acqua del rubinetto.
Plastica in quasi tutte le bottiglie
Lo studio, pubblicato su una rivista scientifica internazionale, ha evidenziato che solo una delle marche testate era completamente priva di microplastiche, mentre in tutte le altre sono stati trovati oltre 30 additivi derivati dalla plastica. I ricercatori hanno esaminato 280 campioni, considerando sia bottiglie da 1,5 litri che da 0,5 litri.
Se un adulto beve 2 litri di acqua al giorno, significa ingerire circa 292 microgrammi di plastica all’anno – una quantità che, seppur piccola, solleva interrogativi sui possibili effetti a lungo termine.
Un nuovo metodo di analisi più preciso
Per lo studio, gli scienziati hanno utilizzato una tecnica avanzata basata su cromatografia liquida e spettrometria di massa ad alta risoluzione, che permette di rilevare particelle di plastica anche di dimensioni infinitesimali.
“A differenza dei metodi tradizionali, questa tecnologia ci consente di quantificare con precisione microplastiche di forme diverse, anche quelle più piccole”, ha spiegato Maria Bianchi, una delle autrici della ricerca.
Confronto con l’acqua del rubinetto
Un precedente studio condotto a Milano aveva già rilevato microplastiche nell’acqua potabile, ma con una differenza sostanziale: mentre nelle tubature dominano polietilene (PE) e polipropilene (PP), nell’acqua in bottiglia è stato trovato soprattutto PET (polietilene tereftalato), il materiale con cui sono fatte le bottiglie stesse.
Serve una regolamentazione?
Al momento, l’EFSA (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare) non ha stabilito limiti massimi per le microplastiche nell’acqua, ma i ricercatori sostengono che questo nuovo metodo potrebbe aiutare a definire standard più rigorosi.
“Alcuni di questi composti potrebbero avere effetti tossici sulle cellule umane”, ha avvertito Luca Rossi, coautore dello studio. “Servono ulteriori ricerche per capire i reali rischi per la salute”.
E nel resto del mondo?
Secondo gli esperti, le microplastiche derivano principalmente dal contenitore stesso a causa di esposizione al calore (come bottiglie lasciate al sole), lungo stoccaggio, processi industriali di imbottigliamento e trasporto/conservazione inadeguati.
“Il problema non è solo l’acqua, ma l’inquinamento da plastica in generale”, conclude Bianchi. “Servono politiche più severe per ridurre l’impatto ambientale e proteggere la salute pubblica”.