Secondo la psicologia, coloro che hanno dovuto “crescere i propri genitori” spesso sviluppano 7 tratti caratteristici.

Crescere troppo in fretta. Crescere è già abbastanza difficile quando bisogna imparare a fare le divisioni lunghe e ricordarsi dove si è lasciata la bicicletta. Ma per alcuni di noi l’infanzia è stata anche intervenire nelle liti degli adulti, tradurre ricette mediche, lettere della banca o calmare un genitore stressato nel cuore della notte. Questo ribaltamento dei ruoli, ufficialmente chiamato parentificazione, sconvolge l’ordine familiare al punto da farci assumere le responsabilità degli adulti ben prima che i nostri piedi abbiano finito di crescere.

Le tracce invisibili

Ho trascorso anni di fronte a persone che portano ancora questi fardelli dell’infanzia come zaini invisibili.

La buona notizia? Questi fardelli possono contenere risorse preziose.

La cattiva notizia? Spesso sono accompagnati da sfide altrettanto profonde.

Vediamo entrambi i lati, uno alla volta.

1. Un forte senso di responsabilità

Penso a una persona cara, chiamiamola Louise, che gestiva tre agende con codici colore e un calendario digitale condiviso per il suo team.

Se una riunione veniva spostata di un’ora, lei entrava in panico. Da bambina era lei a controllare che l’affitto fosse pagato.

Questa ipervigilanza è ottima su un curriculum, ma può diventare una prigione nella vita personale.

Porta a riflessi del tipo “ci penso io”: pianificare ogni minuto delle vacanze o microgestire la spesa di coppia.

Chiedetevi a volte: sto reagendo a una vera emergenza o a un vecchio allarme della mia infanzia?

E se stasera qualcun altro ordinasse da asporto? Osservate: il mondo continua a girare.

La parentificazione spinge i bambini ad assumere prematuramente ruoli adulti, sviluppando così un acuto senso di responsabilità. Questo carico può persistere nell’età adulta, influenzando il loro comportamento professionale e personale.

Una rassegna della letteratura sulla parentificazione esamina come questo ribaltamento dei ruoli influenzi i giovani, rendendoli spesso più responsabili dei loro coetanei.

2. L’empatia come seconda natura

Quando si passano anni a leggere l’umore di un genitore come un meteorologo legge le nuvole, si diventa particolarmente bravi a decifrare gli altri.

I vostri amici potrebbero chiamarvi “rilevatore di bugie umano” perché capite le emozioni dietro i sorrisi.

Questo vi rende un collega che sente arrivare il burnout prima che si verifichi, un partner che indovina le paure inespresse.

Secondo la psicologa Sabrina Romanoff, i bambini che assumono il ruolo dei genitori diventano spesso molto responsabili, organizzati, empatici, connessi… e dotati di un’elevata intelligenza emotiva.

Il rovescio della medaglia? Una profonda stanchezza emotiva: troppe emozioni percepite, troppo pochi filtri.

Provate la regola dei tre respiri:

  • Inspirate e identificate l’emozione (la loro, non la vostra).
  • Espirate e immaginatela accanto a voi.
  • Inspirate di nuovo e osservate cosa provate.

Un piccolo rituale per mantenere la compassione senza sacrificare il proprio equilibrio.

I bambini parentificati sviluppano spesso una maggiore empatia, avendo dovuto decodificare e rispondere ai bisogni emotivi dei propri genitori fin dalla più tenera età.

  • Secondo la psicologa Sabrina Romanoff, “I bambini che hanno vissuto la parentificazione sono spesso estremamente responsabili, organizzati, empatici e connessi con gli altri. Possiedono un livello di intelligenza emotiva estremamente elevato”.

3. Ansia e perfezionismo

Un’infanzia sotto tensione crea spesso un terreno fertile per l’ansia adulta.

Gli studi dimostrano che la parentificazione prolungata aumenta il rischio di disturbi d’ansia e perfezionismo ossessivo.

Il perfezionismo sembra rassicurante: se tutto è perfetto, nulla può andare storto.

Ma il prezzo da pagare è il sonno, la spontaneità e talvolta interi fine settimana persi a rifinire i dettagli.

Un esercizio? Provate l’imperfezione volontaria.

Scegliete un compito di poco conto – un’e-mail, un piatto cucinato – e lasciatelo al 90%. Inviate. Servite. Poi fate un passo indietro.

Osservate: poche persone se ne preoccuperanno. E questo margine di errore potrebbe diventare la vostra nuova boccata d’aria.

La costante vigilanza durante l’infanzia può portare ad ansia cronica e perfezionismo in età adulta, poiché il bambino impara ad anticipare e prevenire le crisi familiari. Uno studio sottolinea che la parentificazione può portare a disturbi d’ansia e perfezionismo ossessivo negli adulti che hanno assunto responsabilità genitoriali durante l’infanzia.

Sebbene questa ricerca si concentri sugli adolescenti, evidenzia gli effetti a lungo termine della parentificazione, che possono persistere nell’età adulta.

4. Confini sfocati, spesso troppo sfocati

I bambini che crescono i propri genitori imparano molto presto che l’amore può essere condizionato: calmare la mamma, mantenere la pace, meritarsi l’affetto.

Da adulti, diventano assistenti, mediatori, quelli che non mollano mai. I loro bisogni passano spesso in secondo piano.

Questa tendenza può portare all’esaurimento, al risentimento e a relazioni squilibrate, in cui si dà molto ma si riceve poco.

Se vi riconoscete in questa descrizione, iniziate con piccoli gesti. Non rispondete a un messaggio non urgente durante la pausa pranzo. E se un amico vi chiede un favore che non potete fare, esercitatevi a dire: “Mi piacerebbe aiutarti, ma al momento non posso”.

Sì, le prime volte il cuore batterà più forte. È il vostro bambino interiore che teme il rifiuto. Ma la verità è questa: i veri amici restano. Stabilire dei limiti significa anche scoprire chi vi rispetta davvero.

5. Un’indipendenza feroce

Quando chiedere aiuto da bambini significava scatenare una crisi o ricevere silenzio, si impara presto a cavarsela da soli.

Traslochi da soli, lavori di bricolage su YouTube, tempeste emotive affrontate in silenzio… L’autonomia diventa una seconda pelle.

Ma questa forza a volte nasconde una profonda solitudine. Chiedere aiuto può sembrare rischioso. Fidarsi, ancora di più.

Volete mettere alla prova le vostre fondamenta? Scegliete un compito semplice, come montare un mobile o rileggere un documento, e chiedete aiuto. Poi lasciate fare. Non correggete ogni gesto.

Ogni volta che accettate un aiuto, riscrivete quella vecchia idea secondo cui dipendere da qualcuno significa essere in pericolo.

I bambini che hanno dovuto assumersi responsabilità genitoriali spesso sviluppano una spiccata indipendenza, avendo imparato a contare solo su se stessi.

Un articolo di Psychology Today parla di come la parentificazione possa portare a un’iper-indipendenza in età adulta, percepita come una risposta al trauma.

6. Scelte di vita influenzate dalla cura

Non è raro che i bambini parentificati diventino insegnanti, assistenti sanitari, terapeuti (colpevole!) o che si immergano presto nella genitorialità.

Non è un caso. La parentificazione alimenta spesso un profondo desiderio di prendersi cura, riparare, sostenere.

Affidarsi a questi doni è una cosa bella. Ma è utile fare il punto della situazione: state seguendo una vera passione o una vecchia abitudine di salvare il mondo?

Se è quest’ultima a prevalere, cercate di riequilibrare. Provate un’attività che non serve a nulla – ceramica, arrampicata, improvvisazione teatrale – solo per il piacere di farlo.

Perché a volte il gioco è la migliore medicina per una vita troppo seria.

I bambini parentificati sono spesso attratti da carriere nel campo dell’assistenza, come la psicologia, il lavoro sociale o l’assistenza infermieristica, a causa della loro esperienza precoce nella cura degli altri.

Una rassegna sistematica della letteratura pubblicata su Trauma, Violence, & Abuse esamina come la parentificazione durante l’infanzia possa motivare la scelta di carriere nelle professioni di assistenza. ​

7. Una resilienza incrollabile

Quando si cresce destreggiandosi tra avvisi di sfratto, traduzioni di gergo medico e arbitrati di conflitti tra adulti prima ancora dell’adolescenza, lo stress quotidiano spesso sembra irrisorio.

Reagite rapidamente, improvvisate meglio della media e vi riprendete dai fallimenti con una notevole agilità. Si tratta di vere e proprie supercompetenze, quelle che molti cercano di acquisire nei seminari e che voi avete imparato nella cucina di casa vostra.

Ma anche i supereroi hanno bisogno di riposo.

La resilienza non consiste solo nel resistere. Implica anche saper rigenerarsi, con riposo, sostegno e dolcezza.

Quindi, pianificate il recupero come pianificate le vostre riunioni: riservate un sabato mattina senza schermi, prendete un appuntamento dal terapeuta o semplicemente sedetevi vicino a una finestra con un caffè.

Qui, ci piace l’idea che forza e tenerezza possano coesistere nella stessa agenda.

Nonostante le sfide, i bambini parentificati spesso sviluppano una resilienza eccezionale, avendo imparato a navigare in situazioni difficili fin dalla tenera età.

Uno studio pubblicato su PubMed Central esamina i risultati della parentificazione, compresa la resilienza, evidenziando i modelli di risultati e le lacune significative nella letteratura.

Riflessioni finali

Se questi 7 tratti vi fanno pensare alle pagine del vostro diario, respirate: non sono verdetti, ma i segni di un percorso che non avete mai scelto e che, nonostante le cicatrici, ha forgiato in voi dei tesori.

L’invito è duplice:

In primo luogo, celebrate i vostri punti di forza: la vostra affidabilità, il vostro intuito, il vostro coraggio silenzioso.

Poi, prendetevi cura delle zone più sensibili: l’iper-responsabilità, i riflessi di solitudine, la difficoltà a chiedere aiuto.

Terapia, gruppi di discussione, amicizie autentiche… Tutto questo può sciogliere i vecchi nodi protettivi che oggi limitano la vostra espansione.

E ricordate: ogni volta che scegliete il riposo invece del controllo, la delega invece dell’iperfunzionamento, offrite al vostro bambino interiore ciò che non ha mai ricevuto: una vera pausa, una vera sicurezza.

Questo, in fin dei conti, è ciò che significa guarire.

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